Passi
Alfredo Pirri
piazza di Sant'Apollinare, 46
giovedi 20 settembre, ore 18.30
PALAZZO ALTEMPS, Museo Nazionale Romano
Piazza di Sant'Apollinare, 46, Roma
- ingresso libero su presentazione dell'invito digitale-
installazione di Alfredo Pirri,
a cura di Ludovico Pratesi e Alessandra Capodiferro
solo performance Alvin Curran
Alfredo Pirri ha scelto la loggia d’ingresso di Palazzo Altemps per allestire Passi, questa volta accompagnata da i bozzetti preparatori e una statua femminile panneggiata, proveniente dalla raccolta archeologica dei Principi Boncompagni Ludovisi. Qui situata l'opera crea una visione frammentata, produce una vertigine dello sguardo e crea un effetto caleidoscopio tra la volta della loggia, il cortile dell’aristocratica residenza e il cielo.
La scultura porta con sé le tracce del giardino che la ospita da secoli, e dialoga così con l’altra loggia del Museo: quella dipinta con pergolati in trompe-l’œil e putti giocosi, dove sono esposti i ritratti dei dodici Cesari.
In occasione del vernissage, il 20 settembre 2018, il compositore e sound-artist Alvin Curran dialogherà con l'opera attraverso la performance Ancient Talking Heads.
L'installazione sarà fruibile dal 21 settembre 2018 al 6 gennaio 2019 (previo acquisto del biglietto d'ingresso al museo).
Sul ciclo "passi"
PASSI ALLA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA
Galleria Nazionale d’Arte Moderna
installazione permanente
2011
(le sculture fanno parte della collezione permanente della GNAM)
2011
(le sculture fanno parte della collezione permanente della GNAM)
“L’accesso al museo è una soglia simbolica, una zona di trapasso auto-critico e insieme celebrativo. Attraversarla è una cerimonia che accentua la percezione di una dimensione spaziale e temporale irreale ma allo stesso tempo radicalmente e intimamente materiale. Con quest’opera vorrei dare allo spettatore l’impressione che, muovendosi nello spazio, ne possa modificare la visione compiendo una doppia azione contemporanea di demolizione e ricostruzione dell’immagine. La sua esperienza lo porta a pensare di essere egli stesso soggetto dell’opera e nello sperimentare l’azione del guardarsi capovolto e sentire quello spazio infinitesimale come una pelle che lo lega e separa dalla propria immagine, per condurlo a farne parte in maniera “naturale” allo stesso modo di come si fa parte del mondo. Lo stare dentro l’opera allontana dall'idea che l’arte si proponga a noi come specchio del mondo poiché, al contrario, quella minuscola, pellicolare, porzione di spazio che divide il proprio piede dal proprio doppio è sufficiente a produrre uno slittamento percettivo che proietta lo spettatore al centro di un racconto, una narrazione spezzata che annulla ogni partecipazione consolatoria. Un racconto che celebra la bellezza (insieme alla sua caducità), la gloria (insieme al suo fallimento), il desiderio (insieme alla sua perdita). L’esperienza di questa narrazione, l’insieme di questi sentimenti e modi di conoscere, le immagini che ne scaturiscono, rendono il passo dello spettatore incerto e simile a quello di chi si trova su un ghiacciaio in liquefazione dove per via dei mutamenti rapidi di temperatura si aprono crepe che ne assottigliano lo spessore permettendo all'acqua sottostante di lambire i piedi facendoci sentire parte di un processo di mutamento e in bilico su di esso. Spettatrici privilegiate e immobili sono le sculture ottocentesche private dei loro basamenti e restituite alla loro dimensione reale, umana, come angeli caduti e responsabili (insieme agli spettatori) della rottura del cielo sotto di noi. L’opera, quindi, non è più specchio prospettico dei nostri sogni, ma luogo di pietra disegnato per accogliere le nostre debolezze dentro una luce differente da quella che ci siamo lasciati alle spalle entrando nel museo. All'esterno luce terrestre e vitale, all'interno luce del trapasso verso un luogo dove la distinzione tra vita e non vita perde il suo senso abituale. In questo percorso la maschera funebre dello scultore Antonio Canova, racchiusa in una teca che la serra al suolo come un dado sul metallo, evoca un corpo espanso, frammentato e sparso ovunque nelle molte sale del museo, ma qui raccontato solo da un volto di gesso. E’ un viso piccolo e umano, che starebbe nella cavità di due mani raccolte a coppa come per raccogliere l’acqua fresca che sgorga da una fonte. Un volto di gesso attorniato da sculture femminili, infantili e letterarie dallo sguardo chino, che si riguardano nello stagno ghiacciato della loro rappresentazione ritrovando in essa nuova vita in una luce che le accomuna con la vita reale degli spettatori.”
Alfredo Pirri
foto Antonio Idini
ULTIMI PASSI
foto Daniela Pellegrini
Foro di Cesare
a cura di Ludovico Pratesi
Roma, 2007
a cura di Ludovico Pratesi
Roma, 2007
L’opera consiste nella realizzazione di un grande pavimento di specchi , che ricorda il sagrato delle basiliche imperiali, posizionato in modo tale da riflettere le rovine archeologiche circostanti.
Il ciclo ha preso avvio nel 2003 presso la “Certosa di Padula” per continuare alla “Abbazia della Novalesa” e poi alla “Fondazione Marino Marini” di Firenze, alla “Villa Guastavillani” di Bologna e al “Centro d’arte contemporanea Pescheria” di Pesaro. In quest’occasione i visitatori, che hanno avuto accesso all’ opera la sera dell’inaugurazione, contribuiscono all'infrangersi degli specchi sotto i propri passi.
Alfredo Pirri
"Come in terra così in cielo"
Centro Arti Visive Pescheria
ex Chiesa del Suffragio, Pesaro
2007
PASSI A ABBAZIA DELLA NOVALESA
Abbazia della Novalesa
Novalesa (Torino), 2003
Novalesa (Torino), 2003
foto: Mussat Sartor
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